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In che modo deve essere approvato un regolamento condominiale? E in quale modo e misura può limitare i diritti dei singoli condomini?

Nel nostro ordinamento la disciplina in tema di regolamento condominiale è dettata dall'art. 1138 c.c., che, in primo luogo, stabilisce come la formazione di un regolamento sia obbligatoria ogniqualvolta nell’edificio vi siano più di dieci condomini. Inoltre la richiamata disposizione, insieme con la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte sul punto, assume un particolare interesse, distinguendo tra regolamento di natura regolamentare e di natura contrattuale.
Nell'ambito del regolamento condominiale, chiamato a regolare, tra l'altro, l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi facenti capo a ciascun condomino, hanno natura regolamentare e sono modificabili a maggioranza quelle clausole che coinvolgano interessi impersonali della collettività dei condomini, mentre hanno natura contrattuale e sono modificabili soltanto con il consenso unanime dei condomini quelle clausole che incidono direttamente sulla sfera soggettiva dei condomini stessi, ad esempio stabilendo i criteri di ripartizione delle spese oppure limitando i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni o attribuendo ad alcuni di essi maggiori diritti rispetto agli altri (in tal senso, Cass. sent. n. 3733/87 e sent. n. 5626/02).
Quanto alle modalità di formazione del regolamento di condomino, occorre poi precisare che le clausole aventi natura contrattuale possono essere legittimamente approvate e vincolare così tutti i successivi proprietari delle unità immobiliari inserite nel medesimo condominio, sia che vengano approvate all'unanimità in sede assembleare, sia che vengano unilateralmente predisposte dal costruttore o, comunque, dall'originario proprietario dell'intero edificio e successivamente accettate dai singoli acquirenti nei rispettivi atti di acquisto. E’ invece sufficiente la delibera assembleare adottata, in seconda convocazione, da una maggioranza pari ad un terzo dei partecipanti al condominio, che rappresenti almeno un terzo del valore complessivo dell’edificio, quando le clausole da modificare abbiano natura regolamentare.

A titolo esemplificativo, una clausola contrattuale è quella che vieta ai condòmini di adibire l’abitazione di proprietà a determinate destinazioni diverse (esercizio pubblico, studio professionale, ecc.) oppure di tenere in casa cani e gatti; una clausola regolamentare è invece quella che disciplina gli orari di accensione dell’impianto di riscaldamento centralizzato.
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